Gli scienziati di tutto il mondo stanno cercando di capire come creare mezzi, realmente, a zero emissioni. La soluzione dei motori ad acqua è rivoluzionaria.
Dal 2035 in Europa dovrebbero essere vendute solo auto elettriche, ma i major dell’industria delle quattro ruote sono alla ricerca di valide alternative. C’è chi, come Toyota e Hyundai, sta puntando sull’idrogeno e chi è al lavoro sul nuovo progetto europeo WET – Water-based Electric Thrusters, coordinato dall’Università di Bologna, che analizza i processi fondamentali che regolano la formazione e il comportamento del plasma generato a partire dall’acqua. L’obiettivo è arrivare a progettare un propulsore elettrico in grado di azionare i veicoli del futuro.
Già in passato gli ingegneri hanno cercato sperimentazioni estreme per non dipendere dai carburanti tradizionali. Usare l’acqua come carburante per viaggiare nello spazio rappresenta una sfida immensa. È la scommessa di WET – Water-based Electric Thrusters, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe coordinato dall’Università di Bologna. Gli studiosi stanno tracciando nuove strade per una nuova tipologia di propulsore elettrico da utilizzare sui satelliti spaziali. Anche i tecnici giapponesi sono a lavoro per un obiettivo simile.
“Con questo progetto vogliamo fare un passo decisivo verso la standardizzazione di tecnologie di propulsione sostenibili, in grado di ridurre l’impatto ambientale delle missioni spaziali e di sfruttare le risorse disponibili nello spazio – ha annunciato Fabrizio Ponti, professore al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna, coordinatore dell’iniziativa – Grazie all’acqua, un propellente ecologico e versatile, potranno aprirsi possibilità inedite per l’esplorazione dello spazio profondo, con un occhio di riguardo alla sostenibilità economica e ambientale“.
Nel teatro dell’Alma Propulsion Laboratory, nel Campus di Forlì dell’Alma Mater, il progetto WET sta usando l’acqua come propellente per i thruster spaziali, trasformandola in plasma e sfruttando l’energia elettrica prodotta per generare spinta cinetica. Il team di ricercatori sta valutando le implicazioni nel settore della mobilità di domani. I laboratori utilizzati verranno potenziati per permettere la validazione sperimentale delle nuove tecnologie.
“Il progetto WET mira non solo a sviluppare una tecnologia innovativa, ma anche a creare una nuova visione per il futuro dell’esplorazione spaziale – ha dichiarato il professore Ponti, come riportato dal sito Insalutenews.it – Grazie alla collaborazione tra istituzioni di eccellenza da tutto il mondo, possiamo immaginare un futuro in cui l’accesso allo spazio sarà sempre più sostenibile e democratico, aprendo nuove opportunità per la ricerca e l’industria“.
Il progetto WET – Water-based Electric Thrusters è finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe MSCA Staff Exchange. Oltre all’ateneo bolognese, che coordina il progetto, sono coinvolti i seguenti istituti: International University of Rabat (Marocco), Università degli Studi di Padova (Italia), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR, Italia), Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS, Francia), Università di Stoccarda (Germania), The University of Auckland (Nuova Zelanda), The Australian National University (Australia), Université Chouaib Doukkali (Marocco).
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