Quando le cose non girano bene i principali costruttori di automobili puntano tutto sul taglio dei costi. Ecco cosa dovremmo aspettarci in futuro.
Nel giro di 10 anni il Gruppo Volkswagen è passato da una posizione di leader mondiale del settore delle quattro ruote alle rivolte dei sindacati. Come è stato possibile? L’errore del dieselgate si è rivelato essere un autogol clamoroso in un momento d’oro per il colosso di Wolfsburg. La caduta degli dei si è manifestata con esborsi miliardari e la ricerca spasmodica di una nuova immagine green.
Sono stati fatti ingenti investimenti su nuovi modelli elettrici che avrebbero dovuto ripulire anche la faccia dopo lo scandolo del dieselgate, ma si sono rivelati dei flop clamorosi. Prezzi troppo alti e una clientela non pronta a una rivoluzione alla spina hanno gettato ombre sul nuovo corso del colosso teutonico. Sono cominciate le minacce di chiusure di stabilimenti con un contestuale crollo della domanda delle EV. Di conseguenza la VW è corsa ai ripari facendo una marcia indietro ed è stato raggiunto un accordo con i sindacati tedeschi per ridurre la forza lavoro di oltre 35.000 persone entro il 2030 attraverso un programma di “riduzione socialmente responsabile”.
La scelta rientra in un ampio programma di riduzione dei costi del colosso. Sul piano lavorativo saranno tagliati di 1,5 miliardi di euro all’anno e il risparmio sui costi totali ammonterà a 15 miliardi di euro all’anno nel medio termine. Una decisione quasi obbligata data la crisi in cui è piombata la VW in un momento di crescita dei major asiatici che propongo auto moderne e a alla spina a prezzi, decisamente, più vantaggiosi. Handelsblatt riferisce che i calcoli non giocano ancora a favore di VW. Diverse fonti hanno riportato al quotidiano economico tedesco che “i tagli devono essere più profondi“.
Reuters, recentemente, ha riferito che alcune case automobilistiche cinesi erano interessate ad acquistare alcuni stabilimento della VW in Germania. La strategia permetterebbe di evitare i dazi dell’UE, entrati in vigore nell’ottobre 2024, ma potrebbero mandare ko il car market europeo. Sul piano economico la vendita di fabbriche alle aziende cinesi consentirebbe alla VW di migliorare rapidamente il proprio bilancio, ma rischierebbe di perdere ancora più vendite a favore di EV più economiche.
Le vendite del marchio VW sono diminuite dell’1,4% lo scorso anno a 4.796.900 auto. Il CEO di VW Group e Porsche Oliver Blume ha ammesso in un’intervista con Reuters che gli investitori cinesi sono interessati all’acquisto delle factory in Germania: “È sempre positivo quando le aziende investono in Europa. Abbiamo strette partnership in Cina e, naturalmente, ci sono state conversazioni, ma nessuna decisione concreta“. La VW ha creato delle joint venture con SAIC, FAW e JAC in Cina.
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