Oggi torneremo indietro nel tempo per parlare di una Ford che si è guadagnata l’appellativo di auto assassina. Ecco i motivi dietro a questo nome.
Tra i marchi automobilistici più ricchi di storia in assoluto, occupa una posizione di riferimento la Ford, colosso statunitense che venne fondato nel 1903 nel Michigan, e che ha la sua sede principale a Detroit. Al giorno d’oggi, questo brand non sta vivendo un periodo particolarmente fortunato, per via di un’eccessiva fiducia riposta nelle auto elettriche che ha provocato un calo delle vendite e degli utili, ed ovviamente una serie di licenziamenti che tanto hanno fatto discutere in tutto il mondo.
La divisione europea della casa dell’Ovale Blu ha fatto sapere che continuerà a produrre anche dei veicoli termici almeno sino al 2030, nella consapevolezza che per il full electric i tempi non sono ancora maturi. Nel frattempo, è ora di fare un passo indietro nella storia della Ford, per parlarvi di quella che è stata ribattezzata auto assassina, un modello tanto discusso quanto spaventoso per i clienti che l’hanno posseduta. Quest’auto causò la morte ed il ferimento di tante persone, a causa di difetti strutturali di una certa rilevanza.
Prodotta come berlina 3 porte e coupé tra il 1971 ed il 1980, la Ford Pinto è la celebre auto assassina di cui vogliamo parlarvi, la prima subcompact del brand USA per il mercato nordamericano. Ci si aspettavano tante cose da un modello di questo tipo, che fu realizzato anche con il badge engineering della Mercury sotto il nome Bobcat, ma la sua fama non è certo legata a motivazioni positive. La vettura fu accusata sin da subito di essere molto pericolosa, ed il bello è che i produttori sapevano benissimo dei rischi a cui si sottoponeva chi procedeva al suo acquisto, ma non si fece nulla per ovviare il problema.
Ma perché fu chiamata auto assassina? Quando la Ford Pinto veniva tamponata, c’era un alto tasso di probabilità che prendesse fuoco, per via delle deformazioni che il telaio subiva portando ad esplodere il serbatoio che si trovava tra il paraurti posteriore e l’asse posteriore. Inoltre, le portiere potevano bloccarsi, impedendo agli occupanti del veicolo di fuggire. Chi l’aveva costruita sapeva di questi pesanti limiti strutturali, ma si decise di non agire perché i costi di riprogettazione sarebbero stati troppo elevati da sostenere.
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