Quando parliamo di accise sui carburanti, ci riferiamo a una componente fissa del prezzo di benzina, diesel e gpl, che rappresenta una parte considerevole del costo finale alla pompa.
In Italia, la questione delle accise è spesso oggetto di dibattito, soprattutto in periodi di rialzi dei prezzi o durante le campagne elettorali. Ma cosa sono esattamente le accise e perché continuano a influire così pesantemente sul prezzo dei carburanti?
Le accise sono imposte indirette applicate alla produzione o al consumo di determinati beni, tra cui i carburanti per autotrazione. In Italia, questo tipo di tassazione è stato introdotto per la prima volta nel 1935 con lo scopo di finanziare eventi specifici, come la guerra in Etiopia.
Tuttavia, nel corso degli anni, queste imposte si sono moltiplicate e sono diventate una voce strutturale del prezzo del carburante.
Dal 1995, le accise sono state consolidate in un’unica somma, rendendo più complesso il processo di riduzione o eliminazione delle singole voci. Ad oggi, le accise rappresentano una tassa fissa che si aggiunge al costo della produzione e distribuzione del carburante, oltre a essere soggetta a IVA.
Le accise sui carburanti rappresentano una percentuale significativa del prezzo finale che paghiamo alla pompa. Per la benzina, le accise incidono per circa il 38% del costo totale, mentre per il diesel, il peso è di circa il 35%.
Sommando anche l’IVA (pari al 22%), la tassazione complessiva arriva a pesare oltre la metà del prezzo che vediamo esposto.
Ecco una panoramica dei prezzi del carburante e la scomposizione dei costi al 2023:
Nel corso dei decenni, molte delle accise che paghiamo oggi sui carburanti sono state introdotte per fronteggiare crisi o finanziare eventi straordinari, ma non sono mai state eliminate. Tra le più note troviamo:
Nonostante il loro scopo originario sia ormai superato, queste imposte continuano a far parte della struttura fiscale italiana, contribuendo notevolmente al bilancio dello Stato. La complessità del sistema fiscale italiano rende particolarmente difficile eliminare o ridurre le accise senza creare vuoti di bilancio, motivo per cui i governi sono spesso reticenti a intervenire.
L’Italia è uno dei Paesi europei con la tassazione più alta sui carburanti. Secondo un rapporto ACEA del 2022, l’Italia è il secondo Paese in Europa per accise sulla benzina, subito dopo l’Olanda, e detiene il primato per le accise sul diesel. Per fare un confronto:
In Europa, solo pochi Paesi, come la Bulgaria e l’Ungheria, applicano accise molto più basse rispetto a quelle italiane, con valori che si aggirano intorno ai 0,34-0,36 €/litro. Questo confronto mette in evidenza quanto il carico fiscale sui carburanti sia più gravoso in Italia rispetto ad altre nazioni del continente.
Uno dei motivi principali per cui le accise continuano a essere così alte è la loro funzione di stabile fonte di entrate per lo Stato. L’eliminazione o riduzione delle accise comporterebbe la necessità di compensare la perdita di entrate, complicando il bilancio pubblico.
Inoltre, le accise hanno anche una funzione di disincentivo al consumo di combustibili fossili, un aspetto sempre più rilevante in un contesto di politiche ambientali e di riduzione delle emissioni di CO2.
Il governo Draghi nel 2022 è riuscito a ridurre temporaneamente le accise per contenere l’aumento dei prezzi, ma dal 2023 l’esecutivo Meloni ha annullato questo sconto, riportando le accise ai livelli precedenti.
Le accise sui carburanti sono una delle voci più pesanti nella composizione del prezzo di benzina e diesel in Italia. Nonostante i frequenti dibattiti politici e le promesse di riduzione, queste imposte restano una componente fondamentale del sistema fiscale italiano.
Data la loro incidenza sul prezzo finale e il loro peso sul bilancio pubblico, difficilmente vedremo una riduzione significativa nel breve termine.
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