I cavalieri del rischio sono degli eroi. Sebbene le monoposto di Formula 1 siano diventate molto più sicure rispetto al passato le incognite continuano ad esserci e a terrorizzare i fan.
Il Motorsport è pericoloso. Non si tratta solo di uno slogan. Lo sanno i ragazzi e le ragazze che si cimentano, sin da bambini, in pista e lo sanno bene anche le famiglie. Ci vuole un grandissimo coraggio ad avviare il proprio figlio ad una carriera su quattro e due ruote. Oggi, più di prima, si inizia molto presto e non vi sono scorciatoie.
Per arrivare ai piani alti occorre tanto talento. Persino i piloti paganti, con una valigia piena di soldi, mettono a rischio la propria vita per inseguire un sogno. Gli incidenti pesanti oggi sono attenuati da una tecnologia che rende le vetture sicurissime. L’halo ha prevenute delle tragedie, dopo l’incidente fatale di Jules Bianchi, ma in ogni caso l’imprevisto può sempre accadere.
Vi sono stati crash impressionanti come quello che ha visto protagonista Romain Grosjean. Il driver francese impiegò 28.7 secondi per uscire dalla palla di fuoco che aveva investito la sua Haas in Bahrain. Si trattò di un miracolo perché se fosse svenuto nell’impatto con le barriere non ci sarebbe stato molto da fare.
Una Formula 1 di fortunati
Se i piloti di oggi, salvo casi eccezionali, rischiano un infortunio e, nella maggior parte dei casi, escono illesi da violenti impatti, nei primi decenni della F1 si faceva la conta dei sopravvissuti. Senza lo sfarzo e i guadagni attuali i cavalieri del rischio come Jacky Ickx hanno visto più volte la morte in faccia. Nato da una famiglia con la cultura motoristica nel sangue Jacques Bernard Ickx, detto Jacky, ha corso in un periodo storico delicatissimo.
Dopo aver avuto una formazione su due ruote, debuttò giovanissimo (21 anni per l’epoca era un record) nel campionato di Formula 1, in occasione del Gran Premio di Germania 1966. Prese parte a 116 GP, conquistando 8 vittorie, 13 pole position, 14 giri più veloci e quattro hat trick. E’ stato tra i piloti più forti della storia a non vincere il riconoscimento iridato.
Vicecampione del mondo nel 1969, su Brabham, e nel 1970, con la Ferrari, si laureò campione del mondo sportprototipi, mentre sempre nel 1983 ha festeggiato il trionfo alla Parigi-Dakar. Alla 24 Ore di Le Mans fece faville, vincendola 6 volte, oltre ad aver conquistato, sempre nelle sfide endurance, una 6 Ore di Daytona nel 1972 e due volte la 12 Ore di Sebring (1969 e 1972). Un campionissimo eclettico a cui è mancata solo l’auto giusta per affermarsi nella categoria regina del Motorsport.
In una intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, Ickx ha ammesso che quando torna nel Paddock di F1 ed incrocia i campioni del passato, come Mario Andretti e Jackie Stewart, avverte un brivido per essere ancora vivo: “Ai tempi nostri, dopo ogni corsa, facevamo la conta. Contava la fortuna, il talento non bastava a salvarti. Oggi possiamo dire di essere fortunati anche per tutta la vita che abbiamo condotto e per il tipo di vita“.