E’ stato due volte campione del mondo di Formula Uno e ha vinto una quantità impressionante di Gran Premi ufficiali: ciononostante, la sua scuderia di famiglia non prese mai il volo. Una storia triste quanto interessante.
Su quale sia il modo migliore per avere successo nella vita ci sono principalmente due correnti di pensiero diverse: c’è chi sostiene che bisogna specializzarsi in una cosa sola e farla al meglio delle proprie possibilità e c’è chi pensa invece che per arrivare dove si vuole arrivare, è necessario saper fare un po’ di tutto. Pensate ad esempio ad un pilota di Formula Uno che è anche capace di amministrare la propria personale scuderia ufficiale!
Nel caso di Emerson Fittipaldi, campione mondiale di Formula Uno nel 1972 e nel 1974 rispettivamente con la scuderia Lotus prima e la rivale McLaren dopo, limitarsi a correre come pilota piuttosto che aprire la propria scuderia personale sarebbe forse stato più indicato. Non che ci sia nulla di male a cimentarsi nel duro business dei paddock di Formula Uno: il fatto è che la parentesi della Fittipaldi Automotive è stata insignificante se paragonata alla carriera agonistica del leggendario pilota.
Tutto partì nel 1975 da un’idea del fratello di Emerson, Wilson. Pur non avendo mai raggiunto i risultati del pluricampione, Wilson Fittipaldi era un pilota di discreta fama in patria ma il suo vero sogno era quello di dirigere un paddock tutto suo. Dopo l’esperienza di Emerson in McLaren, Wilson riuscì a convincerlo ad aprire una scuderia che portasse il cognome dei due fratelli: Emerson assunse il doppio ruolo di pilota e direttore del team sportivo.
Dopo aver ricevuto un finanziamento dalla azienda brasiliana Copersucar per avviare l’attività, Wilson iniziò subito a gestire la situazione. Entro l’inizio della stagione 1976, la Fittipaldi Automotive disponeva di monoposto progettate dalla compagnia stessa e soprattutto di un pilota capace di portare a casa due titoli: la situazione sembrava eccellente.
Nonostante la grande esperienza di Emerson e la grande cifra investita da Wilson, il mondiale fu un disastro con la monoposto del campione uscente capace di conquistare solo tre punti in tutto il mondiale. Il principale problema, quello logistico, fu risolto in vista della stagione 1977 spostando la sede della scuderia a Reading in Gran Bretagna. L’arrivo delle monoposto FD04 ed F05 migliorò leggermente la situazione ma la scuderia riuscì ad accumulare solo 11 punti durante la seconda stagione di attività.
Il 1978 iniziò in modo decisamente migliore con un secondo posto nel GP del Brasile ed il settimo posto assoluto nella classifica costruttori ma la crisi era dietro l’angolo: ancora a secco di risultati utili, Emerson lasciò la FA alla fine del 1980 ritirandosi completamente dal mondo delle corse. Successivamente, lo sponsor della scuderia si ritirò dal progetto per le pessime prestazioni delle monoposto, costringendo Wilson a trovare un nuovo sponsor, la Skol, una marca di birra.
Nel 1982 alla fine, dopo sei anni di insuccessi, la scuderia Fittipaldi entrò in crisi nera: sotto il peso di gravi incombenze finanziarie e senza monoposto competitive, la società si sciolse senza nemmeno la soddisfazione di aver centrato una singola vittoria ad un GP ufficiale. Ad oggi, la storia è stata quasi dimenticata: non c’è da stupirsi che Emerson non parli spesso di questa fallimentare esperienza e che sia piuttosto ricordato per i suoi trionfi con le scuderie britanniche.
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