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Bollo Auto, ecco perché va pagato sempre (anche se non si usa l’auto) | Ecco cosa si rischia a non farlo

Il bollo auto è dovuto con cadenza annuale da parte di ogni possessore di un veicolo a motore, anche se questo dovesse restare fermo per mesi nel proprio box. Ma sono gravi le conseguenze nel caso in cui si decidesse di non pagarlo? Vediamolo insieme.

Ormai da tempo il bollo auto è considerato una delle tasse più odiate dagli utenti, che sono tenuti a pagarlo anche se lo dovessero utilizzare poco o niente. In passato si è parlato a più riprese di una sua possibile eliminazione, ma le voci si sono poi rivelate solo tali. Ed è proprio questo che lo fa considerare per molti un’ingiustizia e che lo differenzia dall’assicurazione: anche quest’ultima, infatti, è obbligatoria, ma esistono formule a tempo o legate al numero di chilometri, che consentono di rendere la cifra più bassa.

Bollo auto: va pagato sempre?

Si tratta di un’imposta di competenza regionale, che finisce così nelle casse della Regione di residenza del proprietario. L’unica eccezione in questo senso è data da Friuli Venezia Giulia e Sardegna, dove è l’Agenzia delle Entrate a riscuoterla. Sono tre i fattori che portano a determinare l’importo: oltre alla Regione appunto, ci sono anche la classe ambientale del mezzo e la potenza del motore (espressa in kW). La data di scadenza varia invece sulla base di quella di immatricolazione: la prima volta deve essere versato entro il primo mese, poi entro l’ultimo giorno del mese successivo alla scadenza.

Il Bollo Auto è sempre obbligatorio: ma cosa accade se non lo pago?

Non pagare il Bollo Auto in ritardo, come per tutte le imposte, comporta ovviamente delle sanzioni, che rendono l’importo più elevato. Maggiore è il tempo trascorso dalla data di scadenza, maggiore sarà la mor dovuta.

Nonostante tutto, c’è una buona notizia. In caso di controllo, se si dovesse rilevare il mancato pagamento non è prevista la decurtazione di punti dalla patente, nè una multa. E’ anzi consentito poter continuare a circolare. Questo accade perché si tratta di un atto tributario, che non ha altre conseguenze se non quella di avere un debito con l’ente.

Foto | Pixabay

E’ comunque possibile avere un’idea più precisa di quanto possa aumentare l’aggravio in caso di ritardo.

  • entro 14 giorni dopo la scadenza la sanzione cresce dello 0,1% per ogni giorno di ritardo;
  • dal 15° al 30° giorno di ritardo l’aggravio è pari all’1.5%;
  • dal 30° al 90° giorno la sanzione è dell’1,67%;
  • dal 90° giorno a 1 anno la sanzione è del 3,75%.

La situazione è inevitabilmente peggiore se si provvede a regolarizzare la posizione un anno o più dopo la scadenza. In questo caso è prevista una sanzione pari al 30%, a cui si aggiunge un interesse dello 0,5% per ogni sei mesi di ritardo.

Dimenticarsi di dover pagare è però praticamente impossibile. Ogni utente che non ha effettuato il pagamento riceve infatti un avviso di accertamente da parte dell’ente incaricato della riscossione (Regione di Residenza o Agenzia delle Entrate). A quel punto viene dato un tempo massimo di 60 giorni per effettuare il saldo o, eventualmente, presentare ricorso se si ritiene che ci sia stato un errore.

Ilaria Macchi

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