Ayrton Senna, una sorta di eroe sportivo per milioni e milioni di appassionati in tutto il mondo. Uomo prima che pilota, amorevole prima che veloce. Di lui, forse non conosci un dettaglio in particolare.
Ayrton Senna. Bastano questo nome e cognome per far venire i brividi a tutti gli appassionati di Formula Uno e, più in generale, di motorsport. L’asso brasiliano nato a San Paolo in Brasile il 21 marzo 1960 e che, prima della tragica morte sulla pista di Imola l’1 maggio 1994, ha compiuto imprese straordinarie regalando emozioni uniche ai suoi milioni di fans.
Campione del mondo di F1 nel 1988, 1990 e 1991, ha avuto un merito in carriera che forse vale più di ogni successo agonistico; far arrivare una nazione come quella brasiliana, notoriamente innamorata in maniera quasi morbosa del calcio, a seguire la massima serie automobilistica. Accompagnandolo ad ogni Gran Premio, pure quelli più lontani dal Sudamerica.
Il suo addio, infatti, ha lasciato un vuoto incolmabile ad un popolo intero, ed anche ad addetti ai lavori e colleghi. Perché Ayrton era pura magia. La sua figura, negli anni, non è passata inosservata nemmeno per le generazioni successive, che si sono fortemente ispirate a lui (basti pensare a piloti come Lewis Hamilton e Fernando Alonso su tutti). La sua storia è stata segnata dalle vittorie e dall’incredibile rivalità con il nemico/amico Alain Prost.
Ayrton Senna ed il suo particolare “legame” con Erik Comas
Ayrton Senna ed il suo particolare “legame” con Erik Comas. Prima di capire di cosa stiamo parlando, però, conosciamo meglio quest’ultimo. Nato a Romans sur Isèere in Francia il 28 settembre 1963, debuttò in F1 nel 1991. Venne ingaggiato dalla Ligier, dopo essere stato in Formula 3000 nel 1990.
Nel ’92, concluse al quinto posto al Gran Premio di Francia, ottenendo il suo miglior risultato con il team. Dal ’93 al ’94 corse con la Larrousse andando a punti in altri tre Gran Premi. E poi, si ritirò. Prese questa scelta dopo quanto accaduto al GP di Imola ad Ayrton Senna, che purtroppo morì.
Comas fu l’ultimo a vedere Senna in vita, e dopo quanto accaduto rimase decisamente sconvolto. Tornò a piedi ai box e non prese più parte alla corsa italiana. Lasciò la F1 dopo la tappa del Giappone, anche se avrebbe voluto farlo già ad Imola. Ma perché questa reazione tanto addolorata, al di là della profonda ammirazione che il pilota francese probabilmente coltivava per Senna?
Ayrton Senna salva Erik Comas: un evento incredibile
Si dice che la sorte esista, così come il destino, e che entrambe ci accompagnino verso una strada rispetto ad un’altra. Di sicuro, quando Erik Comas venne salvato in pista da Ayrton Senna, il suo tragitto fu segnato in un modo che forse neanche lui avrebbe mai potuto pensare potesse accadere.
Durante le prove libere del Gran Premio di Spa-Francorchamps, Erik Comas perde il controllo della sua Ligier e finisce in mezzo alla pista in pieno stato di incoscienza e con il motore acceso. Non c’è bisogno di spiegare perché sta decisamente rischiando di perdere la vita. Poco dietro, c’è la McLaren di Ayrton Senna. Che non va avanti.
No, affatto. Decide di fermarsi, nonostante stia rischiando di prendersi in faccia una grande esplosione dovuta al motore della vettura del francese e di essere investito da altre auto, spengere la Ligier ed aiutare il collega. Come? Riportando la testa in una posizione naturale, in attesa di un supporto medico. Un’azione incredibile, che ha salvato la vita al pilota francese.
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Due anni dopo, in quel maledetto Gran Premio di Imola del 1994, è proprio Comas a vedere Senna per l’ultima volta. Beffardo, crudele, cinico il destino con l’asso brasiliano. Un trauma inimmaginabile per il pilota francese, che non dimenticherà certamente mai ciò che “Magic” ha fatto per lui.
Ayrton Senna; un esempio di umanità, empatia, amore verso il prossimo. Lui, che ha sempre creduto tantissimo in Dio, molto devoto al cattolicesimo: un angelo proveniente da San Paolo, veloce in pista ed incredibilmente emotivo fuori, se n’è andato. Ma non per noi. Non per Comas. Non per chi ne ha saputo apprezzare le gesta sportive ed umane. Per tutti noi e per tutti loro, non se ne andrà davvero mai.