Dopo l’invasione dell’Ucraina, Europa e Stati Uniti hanno varato diverse sanzioni economiche. Ma adesso arriva una novità
Cresce la pressione del governo di Boris Johnson sulle aziende britanniche private a interrompere ogni forma di investimento o partnership economica in Russia. Si moltiplicano gli appelli in cui si sollecitano i vertici di tutte le imprese a “riflettere attentamente” su investimenti che “potrebbero sostenere il barbaro regime di Vladimir Putin”. Ma c’è un colosso che ha già tagliato i ponti con la Russia.
Sono gli effetti della guerra in Ucraina. Lo scorso 24 febbraio, infatti, la Russia di Vladimir Putin ha deciso di invadere lo stato confinante. Ora ci avviamo a marce alte verso il primo mese di guerra e nessuno sa fin quando durerà il conflitto.
Per questo, l’Europa e gli Stati Uniti hanno già varato pesanti sanzioni sulla Russia. Che hanno colpito anche i suoi tanti oligarchi in giro per il mondo. Il governo Johnson avrebbe già, di fatto, ordinato a strutture pubbliche come l’industria siderurgica Sheffield Forgemasters – rinazionalizzata temporaneamente in seguito a un crisi strutturale – o come il servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) d’interrompere i propri contratti energetici col gigante russo Gazprom per l’approvvigionamento di gas.
I colossi Bp, Shell, Unilever, Aviva e Centrica, tutte multinazionali legate al Regno Unito, hanno già sospeso qualunque legame con la Russia in questi giorni, sullo sfondo della guerra e delle sanzioni occidentali contro Mosca.
Concentriamoci proprio su Shell.
Stop al petrolio dalla Russia
Shell non acquisterà più barili di petrolio dalla Russia. E’ stato lo stesso gruppo ad annunciarlo con una nota ufficiale. Il colosso ha inoltre annunciato il ritiro da tutte le attività nel settore degli idrocarburi nel Paese, includendo il petrolio, il gas e il gas naturale liquefatto in “modo graduale” e “in linea con le nuove linee guida del Governo” di Londra.
Decisa anche la chiusura di tutte le stazioni di servizio e delle operazioni relative al rifornimento di aerei nel Paese che ha invaso l’Ucraina. La stessa Shell, peraltro, ha chiesto scusa per i suoi rapporti economici fin qui mantenuti: “Siamo assolutamente consapevoli – afferma l’amministratore delegato di Shell Ben van Beurden – che la nostra decisione di acquistare un cargo di petrolio russo da raffinare in prodotti come benzina e gasolio, sebbene fatta con l’intento di garantire sicurezza nelle forniture – non era giusta e ne siamo dispiaciuti”.
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Un acquisto effettuato a prezzo scontato ($28.50 al barile) che ha suscitato non poche polemiche. Perché avvenuto, peraltro, a guerra già scatenata.
Il Gruppo petrolifero lavorerà così con i “partner per il soccorso e le agenzie umanitarie nei prossimi giorni e nelle prossime settimane per determinare dove impiegare al meglio questi fondi per alleviare le terribili conseguenze che questa guerra sta avendo sulla popolazione dell’Ucraina”.