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Le case automobilistiche contro la guerra e Putin | La decisione inaspettata dei grandi colossi dell’automobile

Mentre la guerra in Ucraina continua a fare vittime e danni inestimabili, alcune case automobilistiche si uniscono alle dure sanzioni europee contro Mosca. Ecco cosa è successo ad oggi.

La cronaca della tremenda guerra in Ucraina, probabilmente il conflitto più sanguinoso combattuto in Europa dai tempi della dissoluzione della Yugoslavia, trasmette l’immagine di un Vladimir Putin sempre più isolato, sul fronte esterno dalle inevitabili sanzioni ricevute per l’invasione di uno stato sovrano e sul fronte interno per le proteste esplose in tutto il paese contro l’inutile strage di soldati e civili.

Il presidente russo Vladimir Putin (New Yorker)

Come era prevedibile, tutti i settori economici della Russia, una potenza mondiale che però ha numerosi problemi finanziari di vario genere, stanno risentendo pesantemente delle sanzioni e degli embarghi occidentali ai quali si è unita a sorpresa nelle ultime ore perfino la neutralissima Svizzera, evidentemente colpita dalla guerra.

Il settore automobilistico che come vi avevamo preventivato qualche giorno fa era uno di quelli più rischio in Russia non fa certo eccezione: nelle ultime ore, numerose case automobilistiche europee hanno rotto gli indugi introducendo pesantissime restrizioni e limitazioni al commercio con una nazione che trae ingenti profitti pure da questa fetta di mercato.

Lo stop delle tedesche

Tra le case che hanno preso provvedimenti legati agli impianti di produzione situati in Russia per protestare contro la guerra ed aderire alle sanzioni economiche abbiamo il Gruppo Volkswagen che nel paese est europeo ha più di un importante impianto di produzione – primo tra tutti Kaluga – nonché il gruppo Stellantis che ha annunciato l’inizio di una “attenta supervisione” riguardante i rapporti lavorativi con le aziende nella federazione di Putin.

Un impianto produttivo della Volkswagen: la casa ha sospeso l’attività in Russia (Volkswagen Newsroom)

Altri marchi hanno deciso direttamente di interrompere l’importazione di automobili in Russia: tra queste, il colosso americano General Motors che non poteva certo ignorare le parole del presidente Joe Biden, le britanniche Land Rover e Jaguar, la tedesca BMW e pure la svedese Volvo che esporta circa 9.000 vetture l’anno nella Federazione Russa.

Ma a gravare in modo ancora più pesante sul mercato dell’auto del Cremlino sono sicuramente le sanzioni di Kia, Hyundai e Renault, i marchi stranieri più attivi sul territorio che hanno sospeso a tempo indeterminato la loro attività sul territorio. Se la diplomazia non dovesse riuscire a risolvere in breve la crisi, il settore automobilistico russo rischia di entrare in una pericolosa impasse che potrebbe realmente congelarlo. Solo l’ultima gatta da pelare per un presidente che si sta isolando sempre di più in un’ostinata guerra che si poteva e doveva evitare.

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Manfredi Falcetta

Appassionato di auto e moto, mi piace immergermi nell’universo dei motori, scoprendo le ultime innovazioni tecnologiche e seguendo le competizioni più emozionanti. La scrittura e la lettura, invece, sono le mie oasi di tranquillità, dove mi perdo tra le pagine di libri avvincenti e mi esprimo liberamente attraverso le parole.

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