Questa volta, siamo sicuri di avere di fronte a noi la più stramba auto da corsa che abbia mai poggiato ruota in un circuito ufficiale. Date il benvenuto alla Chaparral, un UFO con gli pneumatici.
Ne abbiamo viste di automobili strambe insieme, non è vero cari lettori? Si passa da quelle un po’ più famose e prodotte pure in serie come la Fiat Multipla che ancora non ha finito di far discutere critica ed appassionati arrivando magari alle conversioni uniche di vetture speciali, come la nostra Ferrari Breadvan. Ma una cosa del genere, beh, dovevamo ancora vederla.
Partiamo dal principio, cioè dalla storia triste e breve di una innovativa ma sfortunata casa statiunitense, specializzata in auto da corsa. E’ la Chaparral, durata appena ventidue anni dal 1960 al 1982 ma capace in questi due decenni di produrre numerose, spettacolari auto destinate esclusivamente alla pista.
Tra queste però, spicca qualcosa: quello che sembra essenzialmente un tostapane a cui qualcuno ha applicato il frontale di un’automobile sportiva. E’ la Chaparral 2J, un esperimento interessante ma che ad un profano che non capisce molto di aerodinamica ed effetto suolo sembra semplicemente un ridicolo collage fatto con pezzi di varie auto. Ecco la buffa ma interessante storia dietro la sua concezione.
Brutta ma pratica
Nata dalla già di per se strana 2A, la Chaparral 2J è il risultato degli studi sull’effetto suolo che all’epoca, negli anni sessanta, solo poche case conducevano. Chaparral era una di queste e arrivò alla conclusione che per ridurre la resistenza alla penetrazione aerodinamica servivano soluzioni drastiche, aumentando la complessiva velocità della vettura e di conseguenza le sue prestazioni.
Senza inerpicarci in spiegazioni noiose su come funziona la fisica dell’auto, vi diremo questo: riassumendo in pillole, l’idea alla base della Chaparral 2J è quella di “schiacciare” al suolo la vettura un po’ come si fa con una ventosa. Le tre minigonne laterali che possono essere spostate con un sistema meccanico creano un forte effetto suolo. In questo modo, l’aderenza a terra dell’auto aumenta in modo esponenziale, così come le sue prestazioni.
L’auto aveva due ventole posteriori azionate da motori secondari da 45 cavalli che si univano al principale blocco V8 di derivazione Chevrolet che di cavalli ne erogava ben 700. Che ci crediate o no, l’idea funzionò e alla Can Am del 1970, la Chaparral fece a brandelli le rivali. L’auto poteva mantenere un alto valore di carico a qualsiasi velocità, diventando praticamente imprendibile.
Purtroppo, non tutti i geni vengono capiti: l’auto venne messa al bando perchè considerata non a norma e perchè le turbine posteriori scagliavano qualsiasi detrito presente sulla pista direttamente sulla faccia dei piloti che la seguivano. In più, la casa produttrice ancora stava combattendo con vari guasti meccanici. Nel 1970, la favola del brutto anatroccolo di Chaparral era già finita. Ma ad oggi ci rimane ancora l’auto, perfettamente funzionante.
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