Il marchio di cui parleremo oggi ha origini antiche, talmente lontane che i più giovani tra voi forse nemmeno lo ricordano. E pensare che ad inizio 2000 è quasi tornato in attività.
Ci sono tanti marchi risalenti agli albori dell’automobilismo e sono scomparsi nel corso del 900 da poterci scrivere un intero libro sopra, anziché un articolo: non tutte le case sono riuscite a rimanere al top del settore come la Mercedes o a mandare avanti la baracca discretamente ed autonomamente come la Morgan britannica. Case come la Delage, la Austin e la Isotta Fraschini hanno tutte chiuso i battenti per non riaprirli mai più.
Quest’ultima casa automobilistica in particolare è un pezzo importantissimo di storia italiana che ci siamo persi nel 1949 per colpa della Seconda Guerra Mondiale, talmente devastante da mettere in ginocchio un marchio che dagli inizi del 900 campava grazie ad automobili di lusso ad alte prestazioni leggendarie in tutta Europa.
Laddove marchi come Lancia ed Alfa Romeo riuscirono a reinventarsi per sopravvivere, questo marchio dovette tirare i remi in barca, dando l’addio al settore…fino al 1993 quando l’imprenditore piemontese Giuliano Malvino si prese l’onere di far risorgere la fenice dalle sue ceneri. Ma era un compito molto arduo, quello di riportare in vita una casa automobilistica chiusa quasi cinquant’anni prima…
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Passarono cinque anni prima che la dirigenza della ditta, ormai alle porte del 2000, presentasse l’auto che avrebbe dovuto riportare il nome del marchio in alto dopo una “morte” durata poco meno di cinquant’anni. L’auto venne annunciata in grande stile al Salone di Parigi del 1998 e risvegliò la passione nei più accaniti conoscitori della storia antica dell’auto italiana: il suo nome era Isotta Fraschini T8, un omaggio ad un modello del preguerra.
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La T8 montava un possente motore da otto cilindri capace di erogare oltre 300 cavalli, un sogno per gli appassionati di storia che credevano finalmente di poter tornare a pilotare una delle vetture della “Dea Alata”. La configurazione – ovviamente – era decappottabile anche se era disponibile una versione con hardtop incluso.
L’automobile era essenzialmente una Audi A8, almeno sotto il profilo meccanico, ma esteticamente i progettisti erano stati attenti a spogliarla di qualsiasi dettaglio che potesse rimandare alla berlina tedesca. Sembrava tutto pronto quando la favola si interruppe bruscamente.
Mentre le assunzioni per gli operai ed il personale addetto a lavorare sulla T8 procedevano a ritmo sostenuto, Malvino dichiarò bancarotta: l’operazione si interruppe bruscamente quando dell’auto era stato costruito appena qualche prototipo. La casa chiuse, lasciando un buco di 20 miliardi di Lire. Il sogno quindi crollò prima ancora che potesse essere costruita anche solo una tiratura limitata della vettura.
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Quella di Isotta Fraschini è una storia sfortunata, costellata di episodi come questo. Ma quello di Malvino finora resta l’unico tentativo di rifondare il marchio ad aver presentato concretamente una vettura nuova: secondo voi qualcuno riuscirà mai a far rivivere questo storico marchio?
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