Nel 1978 gli appassionati di automobilismo asiatici ebbero l’illusione di poter guidare finalmente una supercar giapponese come mai se ne erano viste prima di allora. Ma successe qualcosa di brutto.
Ormai sappiamo molto bene che quando le parole “auto sportiva” e “Giappone” si trovano nella stessa frase, dobbiamo aspettarci grandi cose. Del resto, dal Sol Levante negli anni sono arrivate vetture incredibili come la piccola Mazda MX-5, divertente da guidare almeno quanto la potente Subaru Impreza WRC.
Idealmente, l’anello di congiunzione tra queste due vetture potrebbe essere rappresentato da una oscura supercar del 1978, una vettura capace di coniugare dimensioni davvero minute con un motore capace di assicurare prestazioni che nn hanno nulla da invidiare a quelle di una supercar.
Forse, non conoscete la casa giapponese Dome, motivo per cui ve la vogliamo introdurre in poche battute: si tratta di un’azienda impegnata nel settore delle corse il cui nome in lingua originale significa letteralmente “Sogno di un bambino”. In effetti, la Zero sembrava davvero nata per soddisfare i sogni più intimi di tutti gli appassionati di automobilismo dell’epoca.
L’apparizione al Festival di Ginevra del 1978 della Dome Zero suscitò grande scalpore. L’automobile, estremamente simile alla De Lorean DMC-12 per la linea e per il fatto che venne presentata in una livrea grigia molto familiare, finì purtroppo per condividere pure il destino della sfortunata creazione di John De Lorean.
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Equipaggiata con un motore Nissan a sei cilindri in linea capace di erogare 145 cavalli, la Zero con il suo peso ampiamente inferiore alla tonnellata aveva prestazioni da urlo che la rendevano estremamente divertente da guidare. Purtroppo, l’auto ebbe subito un problema: le venne rifiutata l’omologazione per circolare su strada, forse proprio a causa delle sue caratteristiche così peculiari.
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Mentre la Dome lavorava sulla Zero P2, che avrebbe a sua volta fallito il test per l’omologazione, la casa nipponica iscrisse un paio di Zero pesantemente modificate con un motore Cosworth V8 al campionato di endurance. La Zero gareggiò dal 1979 al 1981 fallendo una gara dopo l’altra, non riuscendo quindi a qualificarsi per Le Mans come sperava il suo costruttore.
Alla fine, nonostante la linea fuori di testa, le ottime prestazioni e l’ottima accoglienza ricevuta in patria e all’estero, la Zero venne mandata in pensione prima ancora di poter essere commercializzata. Secondo fonti dell’epoca, una Zero doveva costare circa 60.000 Dollari, all’epoca. Non lo sapremo mai per certo.
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L’auto però non fu un fiasco commerciale completo: infatti, numerose ditte di modellismo o impegnate nel settore dei più piccoli firmarono vantaggiosi contratti con la Dome per produrre su licenza modellini dell’automobile. Furono proprio questi contratti a permettere alla casa giapponese di continuare la sua attività nel mondo delle corse, portandole grandi introiti economici.
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