L’automobilismo non sarebbe la stessa cosa con l’assenza di determinati marchi. Come la Ferrari che racchiude una storia profonda ed intensa sotto tutti i punti di vista.
Nonostante gli scarsi risultati raggiunti negli ultimi anni in Formula Uno, la Ferrari rimane stabilmente il marchio italiano – quantomeno nel mondo dei motori – per eccellenza. Un sogno nato da Enzo Ferrari e diventato qualcosa di decisamente più grande e straordinario. Un vero e proprio simbolo che si tramuta nell’iconico cavallino rampante che, anch’esso, racchiude una storia davvero incredibile e che forse non tutti conoscono. Ma torniamo un attimo indietro nel tempo.
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Francesco Baracca, la Ferrari (e anche un po’ Porsche) nel destino: la sua storia
Francesco baracca è nato a Lugo di Romagna nel 1888 oltre 130 anni fa. Era un fuoriclasse del volante, se pur in maniera differente rispetto ai piloti “allevati” dalla Ferrari; Francesco infatti è stato il principale asso dell’aviazione italiana durante la prima guerra mondiale tanto che fu insignito di una medaglia d’oro, due d’argento ed un’altra in bronzo prima di venire abbattuto e conseguentemente perdere la vita nel 1918.
Era un membro di una nobile famiglia di proprietari terrieri. A 19 anni entrò nell’accademia militare di Modena, diventando presto uno degli uomini chiave dell’aviazione, che era uno dei settori più importanti dello stato facendo parte dell’esercito. Dopo un importante addestramento in Francia, compie missioni cruciali durante la Prima Grande Guerra. Diventò presto noto alla massa mentre scalava diverse graduatorie nell’esercito.
Una notorietà che lo portò a farsi identificare più facilmente… facendo stampare un cavallino rampante sul suo aereo. Una scelta singolare, dovuta a due motivi: Baracca apparteneva all’Arma della Cavalleria e prima della guerra con la sua famiglia aveva allevato un buon numero di cavalli. Il cavallino, quindi, rappresentava un vero e proprio omaggio al suo passato. Ma ci sarebbe un’altra motivazione dietro a tutto ciò: la Porsche.
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Ma cosa c’entra il marchio tedesco? I piloti di aviazione, in passato, si sentivano come moderni cavalieri che potevano innalzarsi nel cielo sfidando ostici avversari in duello e guadagnando onore e medaglie, proprio come in un medioevo 2.0. Ed un’altra cosa che accadeva, era che spesso chi vinceva questo tipo di sfide mortali si impossessava di simboli o altri dettagli particolari appartenenti ai caduti. Ebbene, Baracca si sarebbe ispirato ad un cavallino presente su di un aereo abbattuto facendolo disegnare sul suo. Un mezzo che proveniva da Stoccarda, proprio dove ha sede oggi la Porsche. Una bella coincidenza, che però non fu la sola ad arricchire la storia di Francesco Baracca.
La storia di un cavallino irripetibile
La Scuderia Ferrari, un’azienda straordinaria simboleggiata in tutto il mondo da un cavallino rampante arricchito da uno sfondo giallo. Ma qual è la storia del logo più iconico che esista nel mondo dell’automobilismo? Innanzitutto, la Rossa non fu proprio “indipendente” dal primo giorno della sua nascita, il 1929.
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Era infatti sotto le ali dell’Alfa Romeo; non aveva quindi un proprio simbolo che la identificasse in Italia e nel Mondo, e infatti correva con il mitico Quadrifoglio dell’Alfa. Andando avanti con gli anni, però, le cose cambiarono; anche perché Ferrari si ricordò di un avvenimento che lo riguardò in prima persone nel ’23. Il 17 giugno di quell’anno vinse una corsa sul Circuito automobilistico del Savio vicino a Ravenna, dove conobbe i genitori dell’ormai defunto aviatore Francesco Baracca.
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La madre dello sfortunato baracca, la Contessa Paolina, disse al Drake di mettere sulle vetture di Maranello il logo perché gli avrebbe portato fortuna. Non lo fece per nove anni fino a quando, però, decise che fosse arrivato il momento giusto. E in un certo senso, la svolta di quello che oggi è un brand che va oltre ogni tipo di immaginazione arrivò in quegli istanti. L’immaginazione nostra, di Baracca, della Contessa e dello stesso Ferrari. Come nei sogni migliori che si realizzano, d’altronde: oltre ogni più ampio e ambizioso senso della realtà.