Svolta inaspettata nel caso che ha scosso il mondo delle auto. Mentre continua il contenzioso tra UE e Volkswagen
La storia del cosiddetto “Dieselgate” si arricchisce di un capitolo. Se la presunta truffa, fin qui, si era “limitata” a contenziosi e richieste di risarcimenti (seppur milionari), ora scattano le manette.
Lo scandalo Dieselgate
Per “Dieselgate” si intende lo scandalo sulle emissioni che ha riguardato la scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture muniti di motore diesel del gruppo Volkswagen venduti negli Stati Uniti d’America e in Europa.
Secondo l’accusa, i veicoli coinvolti avevano emissioni in linea con le prescrizioni legali statunitensi grazie al software della centralina appositamente modificato per essere in grado di ridurre le emissioni a scapito di altre prestazioni durante i test di omologazione. Così, quindi, si sarebbero alterati i risultati, migliorando le prestazioni a scapito dei vincoli ambientali durante il normale funzionamento.
Una vicenda ancora al centro di tante polemiche. L’Unione Europea, infatti, insiste affinché Volkswagen risarcisca non solo i tedeschi, ma tutti gli europei. Ora, però, arrivano anche le manette.
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L’arresto
Un uomo infatti è stato arrestato alcuni giorni fa a Vigarano, in provincia di Ferrara. Si tratta di un ingegnere 53enne ferrarese. Nel corso di un normale e banale controllo su strada, la scoperta da parte delle forze dell’ordine operanti.
Sulla testa dell’ingegnere, infatti, pendeva un mandato di cattura internazionale, emesso dalle autorità statunitensi. Proprio per il processo Dieselgate in corso negli Usa. L’uomo, è stato quindi sottoposto a un fermo provvisorio ai fini dell’eventuale estrazione negli Usa.
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L’ingegnere ferrarese è stato quindi tradotto nel carcere di Ferrara, in attesa delle disposizioni delle competenti autorità e in accordo con la Corte d’Appello di Bologna. Secondo quanto trapela, l’ingegnere sarebbe un dirigente dell’azienda Vm motori di Cento (dal 2013 di proprietà di Fca, poi Stellantis).
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Lo scorso 8 marzo, la Corte del Michigan aveva spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale, con l’accusa di cospirazione finalizzata alla frode e complotto in frode. Alla Vm, infatti, si produceva il motore diesel finito nell’inchiesta.