Le difficoltà del mercato, infatti, non nascono con il Coronavirus. Il comparto vive una situazione difficile già da diverso tempo.
Una crisi senza fine. Che, adesso, finalmente, inizia a preoccupare. Finalmente, perché dalle preoccupazioni reali possono scaturire, eventualmente, le soluzioni. Ma per guarire da una malattia, bisogna diagnosticarla nel modo corretto.
E la crisi che vive il mondo dell’automotive è sotto gli occhi di tutti. Il problema è che, fin qui, tutto è stato interpretato come un problema occasionale. Forse figlio della drammatica pandemia da Covid-19. Che, come sappiamo, dall’inizio del 2020 ha colpito non solo la salute pubblica, ma anche l’economia.
E, quindi, considerando i problemi del mercato delle auto come “passeggeri”, per ora quasi nessuno ha pensato a cambiamenti radicali per permettere a un settore, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, di ritornare a livelli accettabili. In attesa di un ritorno, chissà quando, ai fasti di un tempo.
Le difficoltà del mercato, infatti, non nascono con il Coronavirus. Il comparto vive una situazione difficile già da diverso tempo. La pandemia ha solo accelerato e reso ancor più evidente il processo di crisi. Anche sotto il profilo della riconversione, che vedrà, nel 2035, scomparire i motori endotermici, il mercato italiano sembra in grande ritardo.
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Insomma, il problema arriva da lontano. Con l’assenza di piani industriali, di progetti, la carenza di investimenti. In una parola, la totale mancanza di visione. Che fa vivere alla giornata. E navigare a vista. Negli ultimi tempi hanno anche chiuso alcuni stabilimenti legati al mondo dell’automotive, quali Gkn, Timken e Gianetti Ruote.
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In tutto ciò, da qualche mese, si assiste anche alla penuria di conduttori e semiconduttori. Che sta rallentando di molto l’operatività delle aziende. Con numerosi stabilimenti, anche di case molto importanti, costretti a chiusure o a tagli.
Insomma, bisogna intervenire. E al più presto. La scorsa settimana il viceministro all’Economia Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato l’istituzione di un fondo per la riconversione dell’industria automotive, dal valore di circa 300-400 milioni di euro l’anno per dieci anni. Dal canto loro, i sindacati hanno presentato una possibile soluzione al Ministero per lo Sviluppo Economico, chiedendo investimenti sullo stabilimento di Termini Imerese. Chiuso. E che, invece, potrebbe dare una mano per uscire dal pantano.
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