Oggi siamo abituati alle tante comodità e ai comfort che un’automobile ci permette di avere. In passato però le cose erano molto più diverse.
Tantissime vetture hanno contribuito a creare e rendere eterna, se possibile, la storia dell’automobilismo. Soprattutto in Europa, che fin dai primissimi anni del 1900 è stato il nucleo dell’automotive sia dal punto di vista sportivo che da quello del mercato.
Questo grazie ad aziende come Fiat, Citroen, Mercedes, McLaren e così via. E a proposito di produttori, ce n’è stato uno che forse con il passare del tempo è finito nel dimenticatoio ma che, comunque, la sua buona fetta di successo nel 20° secolo l’ha ottenuta eccome: parliamo dell’Austin.
Della Austin potremmo dire veramente moltissime cose; ma iniziamo con spiegare, molto semplicemente, che fu fondata nel 1905. Nel 1952 iniziò a far parte della British Motor Corporation per poi finire nel dimenticatoio nel 1987 senza letteralmente vivere gli anni ’90.
La sua creazione fu merito di Herbert Austin – fu nominato 1° barone di Austin, gli venne conferito anche l’Ordine dell’Impero Britannico, una delle onoreficenze più importanti in Gran Bretagna – nel 1905 a Longbridge nel Worchestershire.
Austin fu uno dei pochi uomini sopravvissuti alla prima guerra mondiale a potersi permettere di “ringraziarla”; il motivo è semplice, grazie alla grande guerra la sua azienda incrementò notevolmente guadagni e dimensioni – i suoi dirigenti passarono da 2.500 a 22.000.
In questo lasso di tempo, furono fornite costantemente armi da fuoco, piccoli aeroplani e mezzi da trasporto leggero.
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Tutto questo durò fino al termine del conflitto; da quel momento in poi, la casa costruttrice britannica tornò a lavorare su mezzi dediti alla produzione civile utilizzando un sistema a “meccanica unica” per contenere i costi di produzione.
Una soluzione, questa, che però portò ad un calo delle vendite, e così la fabbrica introdusse nuovi modelli ancora più economici che portarono all’utilitaria Seven.
Quest’ultima venne costruita anche in Germania, Francia, Giappone e non solo. Superò anche anche la Grande Depressione del 1929. Un modello speciale che, infatti, dispone tutt’oggi di una versione tanto bella quanto particolare.
Abbiamo parlato del lungo viaggio dell’Austin culminato con l’approdo sul mercato dell’Austin Seven. Una vettura che ha indubbiamente fatto la differenza nell’automotive fino a quando, ovviamente, la sua stessa azienda è riuscita a rimanere in piedi.
Era un’utilitaria che diventò presto una delle auto britanniche più popolari in Inghilterra come all’estero. Talmente rivoluzionaria per l’epoca che addirittura la Bmw, con la 3/15 Dixi, produsse una Austin Seven in licenza.
In Giappone quest’auto fu la base per i primi modelli della Nissan. Non da stupirsi considerando che si tratta anche della prima automobile al mondo ad avere i comandi disposti come oggi vediamo sulla maggior parte delle auto moderne (parliamo però di quasi un secolo fa!).
Prima del modello in questione, infatti, il pedale dell’acceleratore era generalmente posizionato al centro. Nel 1939, anno in cui la sua fabbricazione terminò, furono prodotti ben 290.000 esemplari.
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Numeri sensazionali senza dubbio. Ad ogni modo, tra queste c’era una macchina molto speciale: l’Austin Seven Special del 1936. Una monoposto originariamente costruita per le gare Sprint e per le corse più dure che prevedevano ripide salite.
Il telaio venne rinforzato. Il motore, decisamente potente per il periodo di cui stiamo parlando, era costituito da bielle targate Phoenix. L’auto è stata riadattata per correre quindi molte caratteristiche non combaciano con l’originale.
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Un gioiello del genere, tanto raro quanto prestazionale e singolare, è già stato venduto come del resto era facilmente ipotizzabile. E’ decisamente difficile pensare di trovarne altre in giro per il mondo.
In fondo, parliamo di un’azienda praticamente sparita in circolazione da oltre trent’anni. Rimane comunque una lunga storia da raccontare e, come spesso accade nell’automobilismo, tanta passione da parte degli irriducibii appassionati e collezionisti.
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