Viste le caratteristiche e l’impegno nella progettazione, meritavano miglior fortuna. Scopriamole insieme.
Meritavano miglior fortuna. E, invece, non hanno mai visto la pista. Eppure erano nate proprio per quello. E di certo le loro caratteristiche non le avrebbero fatte sfigurare. Scopriamo insieme tre autovetture di fabbricazione italiana che, invece, non hanno mai avuto il privilegio e l’opportunità di gareggiare in pista.
La Lancia ECV1+2
Il brand Lancia è, per antonomasia, uno dei maggiormente attivi e vincenti nel mondo delle corse. Per questo, nella nostra rassegna, partiamo dalla Lancia ECV1+2. Definita negli anni un “veicolo sperimentale” e nata dalla volontà di Lancia e Abarth di aggiornare la Delta S4 vincitrice del campionato del 1986. L’auto, infatti, era fondamentalmente una S4 con un sistema di raffreddamento più efficiente.
Oltre alle basi revisionate, l’altro importante progresso dell’ECV rispetto alla S4 era il suo nuovo quattro cilindri in linea da 1,8 litri. In quegli anni, le modifiche al regolamento avevano l’intenzione di rallentare le vetture in termini di potenza pura, il che costringeva i produttori a spendere denaro ed energia su nuove costruzioni del telaio e progressi nel campo dell’aeronautica e dell’elettronica.
E, allora, l’ECV non ha mai visto la pista. Eppure, sarebbe stato bello vedere l’ECV andare contro la Ford RS200 rivista, la 222D di Toyota e lo strano prototipo Audi simile a un carlino.
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L’Alfa Romeo 164 ProCar e la Ferrari 288 GTO Evoluzione
Tra i bolidi degli anni ’80, che sono rimasti “niente, anche l’Alfa Romeo 164 ProCar. Prevedeva un V10 da 3,5 litri buono per oltre 620 cavalli e una linea rossa sulla carrozzeria. L’Alfa Romeo 164 ProCar poteva raggiungere velocità superiori a 330 chilometri orari e arrivare a 100 chilometri orari in poco più di due secondi.
Tutto questo grazie al suo peso piuma sulla bilancia: neanche 750 chilogrammi. E, ovviamente, il brutale V10, che era però destinato alla Formula 1. Purtroppo, come la 164 ProCar, il motore non ha mai avuto la possibilità di competere. Dobbiamo accontentarci di una breve dimostrazione effettuata sul circuito di Monza da Riccardo Patrese.
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Nell’elenco c’è anche una Ferrari. La Ferrari 288 GTO Evoluzione. Una strana meraviglia alata, che era una bestia con corpo in carbonio con doppio turbocompressore da 650 cavalli. Progettata da Pininfarina e MIchelotto, pesava meno di mille chilogrammi. Ma anche la Ferrari 288 GTO Evoluzione non poté mai dimostrare quello che, certamente, sarebbe stato un indiscusso valore.
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