Unico esemplare distrutto in un test. La storia del relitto della “Canguro” si mischia alla leggenda
Il punto di partenza è l’Alfa Romeo Giulia TZ, vettura prodotta dal 1963 al 1965. L’Alfa Romeo Canguro arriva a metà di quel biennio: nel 1964. In esemplare unico.
La vettura venne sviluppata sull’autotelaio a struttura tubolare della “TZ”. Design che aveva un marchio di fabbrica al top. Il prototipo, infatti, fu disegnato da Giorgetto Giugiaro. Presentato al Salone dell’automobile di Parigi nel 1964. Ma pochi mesi dopo, il colpo di scena: totalmente distrutto, durante un test per la stampa specializzata sulla pista di Monza.
Alfa Romeo giudicò il prototipo troppo sportivo e costoso per la produzione in serie. Così, abbandonò il progetto. Mentre la Bertone iniziò a lavorare sull’evoluzione stilistica dello stesso. Nasceranno così i prototipi del modello “Montreal”.
La storia del relitto della “Canguro” si mischia alla leggenda. Secondo alcuni rumors, sarebbe stato acquistato dopo una decina di anni dall’incidente da un collezionista tedesco. Che l’avrebbe pagato circa 80mila lire.
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Quell’oscuro collezionista, non solo avrebbe salvato la “Canguro” dal deposito di demolizione dove giaceva, ma avrebbe fatto partire l’opera di restauro. La meticolosa ricostruzione ad opera della Cecomp (Centro Esperienze Costruzione Modelli e Prototipi) di La Loggia e ultimata nel 2005. Poi la “Canguro” tirata a nuovo sarà esposta al concorso d’eleganza Villa d’Este.
L’Alfa Romeo Canguro montava un motore longitudinale a quattro cilindri in linea da 170 CV di potenza a 7500 giri al minuto. La trazione era posteriore, mentre il cambio era manuale a cinque rapporti. Come detto, il design era assolutamente mirabile. Particolarmente innovativa, nello specifico, la soluzione adottata per le superfici vetrate, incollate alle cornici della carrozzeria. Un retaggio dell’aeronautica, che, però, aveva anche una funzione tecnica, riducendo l’altezza della vettura a soli 105 centimetri.
L’assenza del motore e di molte parti meccaniche e di carrozzeria rese piuttosto complesso il restauro, più volte accantonato da vari collezionisti, fino all’ultimo proprietario, un collezionista giapponese, che si imbarcò in spese non di poco conto. Anche grazie alla consulenza del Museo storico Alfa Romeo.
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