L’obiettivo era competere con Ferrari e Lamborghini. Il design fu curato da un fuoriclasse come Giorgetto Giugiaro.
Una vita non lunghissima, ma di certo vissuta intensamente. Con stile e ad alte velocità. E’ l’esistenza della De Tomaso Mangusta, coupé prodotta dal 1967 al 1971.
Nasce dalla mente di Alejandro De Tomaso, pilota e costruttore italo-argentino. Siamo alla metà degli anni ’60, circa. In quegli anni, una delusione per la casa automobilistica modenese, che non riesce a far decollare il progetto della De Tomaso P70. E allora ci si butta a capofitto, nel tentativo di competere con colossi come Ferrari e Lamborghini.
L’obiettivo era quello di sottrarre fette di mercato. Soprattutto nel mercato statunitense. Che, in quel periodo, regalava tante soddisfazioni ai brand italiani. Per farlo, Alejandro De Tomaso, partì proprio dall’esperienza maturata col “progetto P70”, a sua volta elaborato sui concetti tecnici dalla Vallelunga e dalle sue derivate da competizione.
Quel patrimonio conoscitivo viene riversato sulla Mangusta. Nomen omen: la mangusta, infatti, è l’unico mammifero in grado di competere con il serpente. Che De Tomaso identificava nella concorrenza statunitense.
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Nasce così la De Tomaso Mangusta, che aveva come punto di forza il telaio monotrave in alluminio della Vallelunga progettata tre anni prima. E poi, sospensioni indipendenti sulle quattro ruote, impianto frenante a quattro dischi a circuito sdoppiato e ruote in magnesio. Ma l’auto pesa troppo, anche a causa del motore Ford V8 in ghisa, rivestito con una leggera carrozzeria. Si fa grande fatica anche a trasportarla.
De Tomaso non si scoraggia e continua gli accorgimenti, nel tentativo di rendere la Mangusta più leggera e scattante. Per farla competere con la Lamborghini Miura, che in quegli anni spopolava. Il motore l’otto cilindri a V Ford 289 da 4,7 litri, elaborato dalla De Tomaso fino a raggiungere i 306 CV. Ma in seguito fu montato sugli esemplari destinati al mercato statunitense il molto meno potente Ford 302.
Per la carrozzeria, De Tomaso si affidò a un fuoriclasse. Giorgetto Giugiaro. Venne fuori un modello elegante e aggressivo, anche grazie all’enorme parabrezza della Mangusta. Giugiaro sulla Mangusta realizza un esercizio estetico fatto di ricercatezza esteriore. Cui, però, si contrapponeva un interno particolarmente scarno.
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