I mezzi della Puma sono leggenda. Basti pensare alla Dune Buggy contesa da Bud Spencer e Terence Hill in “Altrimenti ci arrabbiamo”
La Puma più famosa è probabilmente la “Dune buggy” rossa con cappottina gialla immortalata in “Altrimenti ci arrabbiamo”, pellicola con Bud Spencer e Terence Hill del 1974. Quello, infatti, è il periodo d’oro della casa automobilistica.
Azienda automobilistica romana specializzata in autovetture fuoriserie e fondata da Adriano Gatto, attiva dagli anni settanta agli anni novanta. Ha ripreso le sue attività nel 2005 con la produzione di prototipi presso lo stabilimento di Poggio Fiorito sulla Nomentana. Il primo modello prodotto fu la Gatto Spider Spiaggia, nata nel 1968 in un laboratorio artigianale sito a Ronciglione modificando una dune buggy acquistata dopo un viaggio negli USA.
Nella maggior parte dei casi, la modifica delle autovetture avveniva utilizzando la meccanica della Volkswagen Maggiolino, che si prestava particolarmente perché la carrozzeria era imbullonata sul telaio. Era quindi molto semplice da smontare.
La Puma era specializzata in kit car, vetture commercializzate in scatole di montaggio che contenevano tutti i componenti utili e necessari per effettuare l’assemblaggio. Erano anni di ribellione e anticonformismo, in cui la Puma riusciva a dare le risposte che soprattutto le giovani generazioni ricercavano. Le “dune buggy” Puma profumavano di libertà.
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Ma la Dune Buggy contesa da Bud Spencer e Terence Hill in “Altrimenti ci arrabbiamo” non è l’unica auto iconica prodotta dalla Puma. Su tutte, la Puma GTV, una kit car coupé, mai dimenticata e che piace ancora oggi. Basta fare un giro sui principali portali in cui vengono vendute le auto di seconda mano.
La Puma GTV segue un altro modello. Quello della Puma GT, dotata di porte con apertura ad ali di gabbiano. La Puma GTV , invece, è una coupé al 100%. Grazie alle sue linee super sportive. Le misure: larga 1,80 m e alta solo 1,10 m. Disegnata nel 1972 dal 23enne inglese Richard Oakes.
Anch’essa utilizzava il pianale Volkswagen su cui venne montato un motore Volkswagen 1200 cm³. Venne creata anche una versione ancor più potente da 1385 cc. A renderla ancor più iconica la modalità di accesso all’abitacolo: il padiglione composto da tetto e parabrezza si sollevava e ruotava in avanti permettendo un accesso non proprio agevole all’abitacolo. Ma di sicuro effetto per una linea così estrema.
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