Dal 2026 diventerebbe impossibile produrre e vendere autovetture con motore a combustione. Ecco cosa prevede la drastica “svolta green” della normativa Euro 7
Anno di morte, probabilmente il 2026. Potrebbe essere una facile profezia quella sulla fine dei motori a combustione. La nuova normativa Euro 7, che entrerà in vigore l’anno prima, potrebbe dare il colpo di grazia a un mercato già in difficoltà.
D’altra parte, che la politica europea e mondiale stia tentando di andare verso un mercato sostenibile e a emissioni zero, non è un segreto. Ma forse in pochi si aspettavano un’accelerazione così brusca. Il 2026, data che sempre più circola nel mondo automobilistico, è infatti antecedente di quattro anni rispetto agli accordi iniziali. In principio, infatti, il divieto di vendita di auto con motore a combustione doveva scattare dal 2030.
Ma la Euro 7 potrebbe cambiare tutto. I rumors parlano infatti della normativa più dura di sempre. Regole così stringenti che, di fatto, imporrebbero un divieto di produrre e vendere auto con motore a combustione. Un divieto non ufficiale e sulla carta. Ma ancora peggiore, perché nei fatti. A tremare non sono solo i grandi brand come Ferrari o Lamborghini. Ma anche le aziende più ordinarie, quelle per i “comuni mortali”.
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Il Consortium for Ultra Low Vehicle Emissions ha fornito le prime anticipazioni sulla normativa in fase di elaborazione. Il limite delle emissioni consentite sarebbe così basso da rendere impossibile anche la produzione o la vendita delle utilitarie. Insomma, finirebbe il mercato. Secondo le indiscrezioni di Clove, un catalizzatore elettrico verrebbe installato su ogni motore a benzina, così da ridurre le emissioni.
Si tratta di meccanismi costosi che puntano a mantenere basso o ad azzerare l’inquinamento in tutte le fasi della guida. Dalla partenza in salita al traffico nelle città. Ma anche quella di maggiore potenza, come l’accelerazione. Sarebbe, quindi, un forte giro di vite anche rispetto alla normativa Euro 6d, che già aveva stretto molto rispetto al passato. Così, probabilmente, si vuole incentivare una ulteriore accelerazione del mercato elettrico. Che, comunque, è ugualmente in forte crescita.
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