Correvano gli anni ’80 e grazie alla Formula 1, su molte auto stradali iniziarono a comparire le scritte TURBO.
Erano gli anni della Fiat Uno Turbo, della Renault 5 GT Turbo, della Lancia Delta HF Turbo e così via, poi arrivarono i giapponesi, che tentarono l’impossibile: una motocicletta sovralimentata!
Il progetto inizia nel 1977 in realtà, per vedere la luce nel 1981 con l’arrivo della Honda CX 500 TURBO. La CX era una motocicletta “comoda”, quasi una touring con una posizione di guida “rilassata” e non una super sportiva come si potrebbe immaginare.
Seppur all’apparenza sorniona, la 500 Honda, era un concentrato di tecnologia e di elettronica futuristica per la gestione della nuova variabile riguardante il motore turbo. Ottima la ciclistica che vanta sospensioni Showa ed un impianto frenante all’altezza della situazione.
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I tecnici Honda che svilupparono questo progetto futuristico, partendo dagli studi applicati alle auto di Formula 1, scelsero la CX 500 come base, principalmente per il motore 500 di cilindrata che, grazie alla conformazione a V con un angolo di 80 gradi, lasciava spazio per l’inserimento della chiocciola per la sovralimentazione.
Il bicilindrico giapponese, grazie alla spinta del turbo, era in grado di sviluppare ben 30 cavalli di potenza in più rispetto alla versione aspirata, arrivando a quasi 80 cavalli, che per l’epoca, e per la “piccola” cilindrata, non erano assolutamente pochi.
La potenza, comunque, non era l’obbiettivo finale di Honda, bensì l’erogazione brusca e violenta rappresentava il traguardo da raggiungere, e così fu. Il successo iniziale fu importante, e si vendettero tutte le circa 200 moto importate sul mercato italiano, addirittura prima dell’arrivo dal Giappone, probabilmente per la curiosità di possedere e guidare una due ruote super potente.
A distanza di due anni, la Honda tenta di surclassare il successo, dando alla luce la CX 650 Turbo, con la quale terminò definitivamente il sogno di trasportare la tecnologia auto sulle due ruote.
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Sicuramente molto affascinante l’idea di avere una motocicletta col turbo, ma nella pratica, molto difficile da gestire, e imponeva uno stile di guida totalmente differente da quello che conosciamo anche oggi, pena: avvitamento carpiato sull’asfalto ruvido!
Sul dritto la CX 500 offriva una sensazione ineguagliabile con la “botta” animalesca che sprigionava con la pressione del turbo in azione, mentre i guai iniziavano nella percorrenza di curva.
Bisognava entrare in curva con il gas non chiuso, ma aperto quel tanto che consentiva alla turbina di rimanere in funzione per evitare il “buco” dovuto all’off, e soprattutto evitare di rendere incontrollabile l’erogazione in apertura. In sostanza se la turbina non era in pressione, di certo non avvisava prima di entrare in funzione, e se questo avvenimento accadeva a moto ancora piegata, le conseguenze potevano essere irrimediabili.
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