La Isdera Imperator è una supercar tedesca, poco conosciuta ma dalla storia affascinante. Infatti è legata alla Mercedes CW 311, e anche alla Lamborghini.
La Germania è terra di auto, e nel corso degli anni le case tedesche ne hanno sfornato di ottime, e anche di molto belle. Poco conosciuta, tra le supercar, è la Isdera Imperator, auto sportiva prodotta tra gli anni 80 e 90.
Questa auto, ha visto la nascita grazie al progettista Schulz, facente parte del gruppo Porsche. Lui, adottò in pieno lo stile Mercedes nel modellare la sua Isdera, usando dei pezzi della casa di Stoccarda, e dopo averla finita, 6 anni dopo averla iniziata, addirittura mise sul cofano la stella a tre punte, marchio proprio di Mercedes.
Quest’ultima lasciò correre, poiché la Isdera di Schulz ottenne una grande fama, e portò tanta pubblicità alla casa delle frecce d’argento. Dopo quattro anni dalla fabbricazione della macchina, il progettista tedesco, fondò la sua azienda, appunto chiamata Isdera.
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Isdera, l’icona guidata da Lauda e finita all’asta
Ultra rare #Mercedes isdera imperator 108i. https://t.co/JwJI4ZftJe pic.twitter.com/WK8xFsuPJf
— Cars Autos Rides (@CarsAutosRides) July 3, 2020
La storia di Isdera, si è arricchita negli anni, con belle macchine sviluppate da Schulz in collaborazione con il designer Rainer Buchmann. L’ispirazione, tuttavia, non era solo Mercedes, ma anche la Lamborghini Countach, dalla quale l’Isdera prendeva ad esempio il profilo a forma di cuneo.
Il primo prototipo dell’azienda sviluppato, fu chiamato Buchmann CW 311, in onore del designer, e addirittura si vide al cinema. Nel film, fu guidata addirittura dal 3 volte campione del mondo di F1, Niki Lauda.
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A dicembre, invece, la notizia sulla Isdera Commendatore 112i, con chiaro riferimento ad Enzo Ferrari, finita all’asta. Questa macchina iconica, prodotta in soli due esemplari, è stata messa in vendita, addirittura, per circa un milione e 500mila euro.
Negli anni, l’iconica Isdera, si è fatta spazio tra gli appassionati di supercar e auto sportive, come un sogno. Tutto merito di Schulz, di Buchmann e anche di Mercedes, che ha permesso di usare il proprio marchio sull’icona tedesca.