Per tutti i “maniaci” di auto, il motore, rappresenta il cuore pulsante dell’oggetto, spesso la macchina può non piacere esteticamente, o non essere confortevole, ma ce la facciamo andar bene, purché abbia un propulsore in grado di soddisfare la nostra esigenza di prestazioni.
Ma, costruire un motore, che abbia doti di affidabilità, consumi “umani”, e prestazioni record, di certo, rappresenta un grosso investimento, nonché un rischio per le case costruttrici, impegnate più che mai, nella progettazione dell’estetica delle auto, e nelle dotazioni tecnologiche, atte a rendere confortevoli e futuristiche le vetture.
Come fare allora? Niente di più semplice, si prendono in prestito motori super collaudati da “colleghi”, e non importa il blasone, basta che funzionino. La storia non è recente, sono ormai anni che accade questa “collaborazione” e, negli ultimi tempi, alcuni propulsori sono diventati “famosi” per aver servito una moltitudine di veicoli.
Sicuramente la scelta è stata intelligente, ed ha permesso di abbattere i costi di produzione da un lato, ma, dall’altro, ha reso le auto sempre più “omologate” e non fatto felici gli appassionati, specialmente delle auto tedesche, che hanno perso il carattere forte del propulsore made in Germany ad esempio, per sfruttare quello più “utilitaristico” delle vetture francesi.
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Guidando, per esempio, una francese Citroen C1 o Peugeot 107, anche se non ce ne accorgiamo, stiamo usando un motore giapponese, quello della Totyota Aygo, che, a sua volta, proviene dalla Daihatsu. Un motore nato nel 1998, molto leggero e con 3 cilindri, 12 valvole, in grado di erogare una potenza di 66 cavalli (che non lo rendono adatto, a causa del peso contenuto delle vetture su cui è montato ai neopatentati).
Nel 2007, è stata la volta di Smart, che ha deciso di dotare la nuova 451, di un propulsore meno problematico e più affidabile del precedente 3 cilindri, 600 turbo compresso, della serie 450. Così, ha preso in prestito un 999 cc. dalla Mitsubishi (quello della Colt per intenderci), e lo ha installato sulla micro car, ottenendo una potenza di 61 cavalli nella versione aspirata, per arrivare agli 84 o 98 nelle turbompresse e Brabus.
Negli ultimi due casi, invece di partire dall’auto, partiamo dal motore, perché questi due propulsori che scopriremo, hanno, ed equipaggiano ancora oggi una moltitudine di vetture, segno di un ottimo lavoro di progettazione che garantisce una grande affidabilità.
Il primo è il 1.3 Multijet di casa Fiat, un 4 cilindri diesel con potenze dai 69 ai 104 cavalli, che, da 2003, ha spopolato su diverse auto di altrettante case costruttrici. Il motore italiano diventa partner di Suzuki, su tutta la gamma, per quanto riguarda le vetture a gasolio. Lo troviamo poi, su alcuni modelli Tata, sulla Ford Ka, ed infine su molti modelli Opel, come Corsa ed Astra.
Terminiamo la nostra “storia”, restando sempre al 2003, quando Renault, introdusse il suo 1.5 turbo diesel. Qui viene il bello, perché, se all’inizio questo propulsore venne montato esclusivamente su Renault, Nissan, Dacia, ed alcune Suzuki come la Jimny, dal 2013, ha avuto un “salto” di qualità, andando a spingere auto di un brand notoriamente meno “borghese” come Mercedes. Da quell’anno, infatti, il 1.5 TD, accompagna i seguenti modelli della casa della stella a 3 punte: Classe A, Classe B e CLA, con potenze che vanno dai 95 ai 116 cavalli
Inoltre, non tutti sanno che anche Mini, che inizialmente utilizzava motori Bmw, per un dato periodo di tempo, ha dotato le sue auto di motori francesi, presi in prestito da Peugeot.
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