Sembra si tratti di una nuova, pericolosa, sfida, lanciata sui social. Dei ragazzini adolescenti, in Puglia, si sono “buttati” in mezzo alla strada mentre passavano degli automobilisti, e, la prudenza di questi ultimi, sommata ad una buona dose di fortuna, hanno evitato il peggio.
Specialmente in questo tempo di pandemia, e di mancanza di socialità, gli adolescenti, ed i ragazzi in genere, sono quelli che, in termini psicologici, ci stanno rimettendo più di tutti. Dalla cittadina pugliese di Gallipoli, arriva una notizia sconcertante, l’altra sera un gruppetto di ragazzini dai 10 ai 12 anni, si è lanciato in un gioco “mortale”.
Da quanto si apprende da Facebook, i giovani, si nascondevano dietro ad auto parcheggiate, per poi, letteralmente buttarsi, in mezzo alla strada al passaggio dei veicoli, il tutto reso più pericoloso dall’oscurità. Le forze dell’ordine e gli organi comunali competenti, stanno ancora indagando se il gesto, è legato ad una nuova “challenge” on line.
Si parlò di una “sfida” simile, anche quando vennero travolte a Roma Gaia e Camilla, che persero la vita a Corso Francia. Per il delitto, però, è stato condannato il figlio del regista Paolo Genovese, alla guida dell’auto coinvolta.
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Ormai da anni, si dibatte su questo flagello social, che induce i ragazzi, non necessariamente problematici, a partecipare, forse per noia, a queste sfide “mortali”. Dai primi casi in Russia, ricordiamo la vicenda “balena blu”, alle ultime tristi storie in Italia. Negli ultimi mesi, un bambino ed una ragazzina, hanno perso la vita nel nostro paese, per colpa di questi stupidi “giochi” di morte, ed un’altra, solo pochi giorni fa, è stata salvata a Roma prima che commettesse un gesto insano.
Il mondo sta cambiando, e la tecnologia rende il lavoro dei genitori sempre più complicato. Qualche anno fa, le stragi dei ragazzi erano legate alla mobilità, il motorino o l’auto, e, purtroppo, si perdeva la vita per incidenti, oggi più che, appunto incidenti, siamo davanti a vere e proprie istigazioni a togliersi il bene più prezioso, la vita.
Auspichiamo quanto prima che, le multinazionali dei “social”, oltre a pensare all’aspetto del business economico, trovino il modo per arginare questa piaga sociale, magari con controlli più serrati durante le richieste di iscrizione da parte degli utenti.
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