I monopattini elettrici, sono davvero ad emissioni zero? Stanno sostituendo l’uso dell’automobile in città? Lo sharing funziona? E soprattutto, il tanto discusso “bonus” per l’acquisto, ha allentato la morsa dell’inquinamento nelle città?
Questi piccoli mezzi di trasporto, che stanno invadendo i centri storici delle città, in realtà, non inquinerebbero, così almeno sembra, se si pensa solo al loro utilizzo. Diverso il discorso, se, come ha fatto la società Arcadis, si prende in esame, tutto l’indotto che ruota attorno a quei “mono” adibiti allo sharing, che troviamo ormai disponibili in ogni città italiana ed europea. Si è calcolato che, a partire dalla produzione, che di norma avviene in paesi asiatici senza tener minimamente conto delle procedure occidentali riguardanti i materiali sostenibili e lo smaltimento dei rifiuti generati, fino ad arrivare all’utilizzo degli stessi, le emissioni inquinanti che si generano, sono pari a quelle che provoca un’automobile a combustione con tre occupanti a bordo.
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Perché inquina il monopattino
Dunque, non è il monopattino in se ad emettere inquinamento ambientale, ma, analizzando il ciclo vitale del veicolo elettrico a noleggio, scopriamo che tutte le fasi, che di seguito esporremmo, generano la problematica ambientale e quindi, il dubbio che nasce è se valga davvero la pena rischiare la vita con questo veicolo per aiutare la natura oppure è un palliativo poco remunerativo, se non per le aziende produttrici.
I “mono”, come anticipato, vengono prodotti in Asia con materiali poco sostenibili, successivamente devono essere trasportati da noi, di solito su navi container che generano un bel po’ di inquinamento. Di norma questi veicoli, hanno una vita relativamente breve rispetto ad un’automobile, circa 12/18 mesi, nasce allora, il problema dello smaltimento dei componenti non riciclabili. Aggiungiamo, poi, il monossido di carbonio e le particelle che sprigionano quotidianamente i furgoni che si occupano della manutenzione e del ricollocamento in città di questi monopattini a noleggio. Infine mettiamo che, tutta questa “catena”, serve per essere fruita da un solo passeggero alla volta. Sommati questi dati, probabilmente, ne conseguirà, che se prendessimo l’auto, anche non elettrica, per andare a lavoro, e magari riuscissimo a non viaggiare soli nella stessa, ma ad organizzarci con colleghi per esempio, probabilmente l’inquinamento ambientale sarebbe inferiore rispetto all’utilizzo di questi veicoli in sharing.
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Conclusione
Con questa spiegazione, non si vuole in nessun modo “boicottare” le aziende che fanno bike sharing, che a suo modo, è un modello di mobilità assolutamente giusto e condivisibile, ma solamente fare chiarezza su degli aspetti che, a volte, distrattamente si sottovalutano.
Ci sono da dire un altro paio di cose riguardo ai monopattini che si utilizzano in città, prima fra tutte la mancanza di un titolo di guida per condurli, che ne fa conseguire, che chiunque , senza minimamente conoscere il codice della strada, abbia la possibilità di “gettarsi” nel traffico, con conseguenze, a volte spiacevoli, di incidenti che, quotidianamente ci capita di leggere o raccontarvi.
L’altra, forse più allarmante, è, che il monopattino nella maggior parte dei casi, non ha sostituito, l’utilizzo dell’automobile per recarsi in ufficio, ma semplicemente viene usato per piccoli spostamenti che, precedentemente, erano fatti a piedi, quindi, nel 70% dei casi, chi utilizzava la macchina, ha continuato a farlo, con la differenza, che oggi, se parcheggia distante dal luogo dove sarebbe prima arrivato camminando, adesso, lo fa invece a bordo del piccolo elettrico (rendendo ancora più sedentaria una vita che non lascia molto spazio all’attività fisica, ma qui entreremmo in un campo medico e sociologico che per il momento meglio non affrontare).